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arti visive / 24 aprile 2019

Chi sono dunque questi uomini che nascondono i loro volti sui siti di incontri? Intrappolati nella loro vita “normale”, chiedono tutto: l’anonimato e il grande amore. A partire da documenti reali, pazientemente raccolti per un film a venire, Vincent Dieutre offre nell’ambito del Sicilia Queer l’immagine di uno di quei “gatti” inquieti: un monologo unico dove l’altro è solo un pretesto. Piangerò la mia cruda sorte... L’e-lamento delle doppie vite perdute si unisce al tragico barocco.

Qui sont donc ces hommes qui cachent leurs visages sur les sites de drague ? Piégés dans leur vie « normale », ils demandent tout, l’anonymat, le grand amour. A partir de documents réels, patiemment collectés pour un film à venir, Vincent Dieutre propose dans le cadre du Sicilia Queer une mise en image d’un de ces « chats » obsédants : un monologue célibataire où l’autre n’est qu’un prétexte. Piangerò la mia cruda sorte... le e-lamento des doubles vies perdues rejoint le tragique du baroque...

arti visive / 24 aprile 2019

Due paesaggi scavano un'assenza e rivelano la possibilità di un incontro. Da una parte, una scultu- ra monumentale copre le rovine del villaggio di Gi- bellina in Sicilia, distrutto da un terremoto; dall’altra parte, un’autostrada taglia irrimediabilmente in due un quartiere popolare di immigrati italiani della cit- tà di San Paolo in Brasile. Questa bara bianca, que- sta colata di cemento sopraelevata, offre una nuo- va scena per esprimere – giorno e notte – un amore che è di per sé l'invenzione di una forma di amore. La realizzazione di questo film/installazione fa parte di una serie che si propone di riflettere le con- dizioni di un'esperienza sentimentale in relazione con un paesaggio e di inventare la forma spettacola- re di un amore contemporaneo.

Deux paysages creusent une absence et ré- vèlent la possibilité d’une rencontre. Côte à côte, une sculpture monumentale recouvre les ruines du village de Gibellina en Sicile détruit par un tremble- ment de terre ; d’autre part, une voie rapide coupe ir- rémédiablement en deux un quartier populaire d’im- migration italienne de la ville de São Paulo au Brésil. Ce cercueil blanc, cette coulée de béton sur pilotis offrent une scène nouvelle pour exprimer — le jour et la nuit — un amour qui soit lui même l’invention d’une forme d’aimer. La réalisation de ce film/installation s’inscrit dans une série qui se propose de réfléchir les condi- tions d’une expérience sentimentale en relation avec un paysage et d’inventer la forme spectaculaire d’un amour contemporain.

letterature queer / 24 aprile 2019

Nella Londra romana l’omosessualità era più che accettata. La città era ricca di lupanari e piscine pubbliche deputate al piacere, terme e bordelli. Poi arrivò l’imperatore Costantino con vescovi e missionari; il suo governo fu accompagnato dalle prime leggi contro le pratiche queer. Seguì un’alternanza infinita di permissività e censura, dal travestitismo femminile diffuso negli anni venti del Seicento alle frenetiche esecuzioni per sodomia dei primi dell’Ottocento, fino alla “peste dei gay” negli anni ottanta del Novecento. Peter Ackroyd ci porta in una città nascosta, celebrandone la diversità e l’energia; nel contempo ci ricorda i suoi terrori e i rischi. In una città di superlativi, forse sono questa fluidità sessuale e l’infinita resilienza che incarnano il vero trionfo della City. Dopo la monumentale opera Londra. Una biografia, l’autore offre un’altra esperienza di lettura. Con questo libro Peter Ackroyd lancia un avviso sull’accettazione dell’omosessualità. Trasportandoci in tutti i periodi oscuri della storia gay, Queer City è un preoccupante promemoria di una peculiarità della storia: ciò che è oggi non significa che sarà sempre. Peter Ackroyd è considerato il più grande cronista dell’Indipendent di Londra.

In Roman Londinium the penis was worshipped and homosexuality was considered admirable. The city was dotted with lupanaria (“wolf dens” or public pleasure houses), fornices (brothels) and thermae (hot baths). Then came the Emperor Constantine, with his bishops and clergy, monks and missionaries. His rule was accompanied by the first laws against queer practices. What followed was an endless loop of alternating permissiveness and censure, from the notorious Normans, whose military might depend on masculine loyalty, and the fashionable female transvestitism of the 1620s; to the frenzy of executions for sodomy in the early 1800s and the “gay plague” in the 1980s. Peter Ackroyd takes us right into this hidden city, celebrating its diversity, thrills and energy on the one hand; but reminding us of its very real terrors, dangers and risks on the other. In a city of superlatives, it is perhaps this endless sexual fluidity and resilience that epitomise the real triumph of London. Peter Ackroyd is considered the greatest living chronicler of London Independent.

letterature queer / 24 aprile 2019

Il racconto poetico e spiazzante di un sentimento ancora più forte del legame naturale tra padre e figlio. «Il figlio giusto, se lo avessi voluto, doveva essere il mio contrario. Quando di un bambino si dice che è il ritratto di suo padre, “gli ha staccato la testa”, il papà si gonfia di orgoglio. Invece sognavo un figlio al quale, con pazienza e fortuna, potessi un giorno somigliare io». Gianni Amelio, uno dei più apprezzati registi italiani contemporanei, racconta in un romanzo di forte ispirazione autobiografica il rapporto con il ragazzo albanese che ha conosciuto durante le riprese del film Lamerica, e adottato più di vent’anni fa. Sospeso tra due Paesi (Italia e Albania, appunto), due storie, due culture, il libro rievoca gli anni inquieti che diedero inizio alle migrazioni via mare, che ancora oggi fanno discutere. Ma la tragedia viene in queste pagine addolcita, quasi purificata, dalla nascita di un sentimento e di un legame che sfida i pregiudizi e si impone come soluzione estrema e forse necessaria per arginare l’indifferenza. Una vicenda personale diventa simbolica, scava nel privato per trovare, pagina dopo pagina, una sua toccante universalità.

The poetic and unsettling story of a feeling even stronger than the natural bond between father and son. «The right child, if I wanted to, had to be my opposite. When a child is said to be the portrait of his father, he “broke off his head”, the father swells with pride. Instead I dreamed of a son to whom, with patience and fortune, I could one day resemble my self». In a novel with a strong autobiographical inspiration, Gianni Amelio, one of the most appreciated contemporary Italian filmmaker, tells about the relationship with the Albanian boy he met during the shooting of the film Lamerica, and adopted more than twenty years ago. Suspended between two countries (Italy and Albania), two stories, two cultures, the book recalls the restless years that began the migrations by sea, which remains one of the most debated issues. But tragedy is softened in these pages, almost purified, from the birth of a feeling and a bond that defies prejudices and imposes itself as an extreme solution and perhaps necessary to stem indifference. A personal story becomes symbolic, delves into the private to find, page after page, its own kind of touching universality.

letterature queer / 24 aprile 2019

Hard Candy / Pitch Roll Yaw è un flip book con due raccolte di poesie che si fronteggiano. In Hard Candy Annie Lanzillotto offre poesie e prosa caritatevoli e ricche di cordoglio che descrivono il rapporto tra il poeta e la madre. Pitch Roll Yaw è organizzato in quattordici stazioni; ciascuna inizia con un “See, Saw poem” una riga di due frasi separate da un perno: virgola, cesura, sponde, trattino o barra rovesciata, con un rapido spostamento di peso e cambiamento di significato. Ogni stazione è unificata per tema o forma. La newyorchese Annie Rachele Lanzillotto è l’autrice di L is for Lion: An Italian Bronx Butch Freedom Memoir, finalista del Lambda Literary Award. Come cantautrice ha realizzato diver- si album, tra cui: Swampjuice: Yankee with a Southern Peasant Soul, Blue Pill e Carry My Coffee.

Hard Candy / Pitch Roll Yaw is a flip book with two poetry collections facing each other. In Hard Candy Annie Lanzillotto offers poems and prose of caregiving and mourning in the relationship between the poet and her mother. Pitch Roll Yaw is organized into fourteen stations each beginning with a See, Saw poem one line of two phrases separated by a fulcrum: comma, caesura, spondee, dash, or backslash, with a quick shift in weight and change in meaning. Each station is unified by theme or form. New York City’s Annie Rachele Lanzillotto is the author of L is for Lion: An Italian Bronx Butch Freedom Memoir, Lambda Literary Award finalist. A singer/songwriter, her albums include: Swampjuice: Yankee with a Southern Peasant Soul, Blue Pill, and Carry My Coffee.

letterature queer / 24 aprile 2019

Questo libro è una rilettura e analisi dei testi di Gianni Rodari con particolare riferimento al tema dell’equilibrio di genere. Gianni Rodari è un autore molto amato, eppure alcuni aspetti del suo approccio didattico e letterario risultano ancora inesplorati. Uno di questi è senz’altro la sensibilità all’equilibrio di genere, un fil rouge che ha attraversato tutta la sua produzione letteraria e che ha dato vita a straordinari personaggi femminili e, soprattutto, a narrazioni che continuano a riconfermarsi di grande qualità. Le eroine nate dalla sua penna (Atalanta, Alice Cascherina, la valletta Sabina e tutte le altre) costituiscono un modello positivo tanto per le bambine quanto per i bambini. Sotto gli occhi del lettore sfilano vallette intelligenti, bambine sportive, principesse imprenditrici e bambole anticonformiste: donne e bambine curiose, intelligenti e schiette, coraggiose e piene di fiducia nelle proprie capacità. Nella sua attenzione minuziosa persino alle singole parole e nella rappresentazione di relazioni equilibrate e complementari, Rodari mostra una sensibilità che si ispira a un ideale di uguaglianza sociale universale.

This book is a rereading and analysis of Gianni Rodari’s writings, with a particular stress to the theme of gender balance. Gianni Rodari is a much loved author, yet some aspects of his didactic and literary approach are still unexplored. One of these is undoubtedly the sensitivity to gender balance, a common thread that has gone through all of its literary production and which has given life to extraordinary female characters and, above all, to narratives that continue to prove their great quality. The heroines he gave birth to (Atalanta, Alice Cascherina, valletta Sabina and all the others) are a positive model for both girls and boys. Under the eyes of the reader, smart little girls, princesses, businesswomen and unconventional dolls parade: women and little girls, curious, intelligent and straightforward, courageous and full of confidence in their abilities. In his meticulous attention to single words and in the rep- resentation of balanced and complementary relationships, Rodari shows a sensitivity that is inspired by an ideal of univer- sal social equality.

letterature queer / 24 aprile 2019

Dopo dodici anni di amore – uno di quegli amori assolu- ti che nascono nell’adolescenza, modellano il mondo a loro im- magine e sembrano destinati all’immortalità –, Rímini e Sofía si separano. Lui si getta quindi a capofitto nella sua nuova vita, e colma il vuoto prima con dosi esagerate di lavoro, sesso e co- caina, poi con altre donne, senza rendersi conto che la sua sto- ria con Sofía non è finita, ma semplicemente si è trasformata. Là dove Rímini aveva intravisto la possibilità di una rinascita, si cela invece l’abisso. Perderà tutto – perfino la carriera di traduttore, colto da un improbabile e repentino “Alzheimer linguistico pre- coce” –, tutto tranne Sofía e le centinaia di foto scattate insieme che, onnipresenti, diventeranno la sua persecuzione. Con una scrittura funambolica e avvolgente, e uno stile iro- nico e luminoso, l’autore ci regala un moderno trattato di edu- cazione sentimentale in cui mescola ossessione e commedia, mostrandoci come l’amore possa allontanarsi da ogni forma di romanticismo e abbia comunque la capacità di lasciarci senza parole, anche dopo la sua fine.

After twelve years of love – one of those absolute loves born during adolescence which model the world in their im- age and seem destined for immortality –, Rímini and Sofía sep- arate. He then throws himself headlong into his new life and fills the gap first with exaggerated doses of work, sex and co- caine, then with other women, without realizing that his story with Sofía is not over, but simply transformed. Where Rímini had seen the possibility of a rebirth, the abyss is hidden. He will lose everything – even his career as a translator, caught by an im- probable and sudden “early linguistic Alzheimer” – everything but Sofía and the hundreds of photos taken together that, omni- present, will become his persecution. With a funambulic and enveloping writing, and an ironic and luminous style, the author gives us a modern treatise on sen- timental education in which he mixes obsession and comedy, showing us how love can move away from any form of roman- ticism and still has the ability to leave us speechless, even af- ter its end.

letterature queer / 24 aprile 2019

L’avventura letteraria di Goliarda Sapienza rappresenta un caso eccezionale nel Novecento italiano per la forza di una soggettività fuori dai canoni, capace di concepire la scrittura romanzesca, teatrale e cinematografica come spazio identitario ricco di sfumature e oltraggi. Grazie a una formazione sui generis, all’interno di un contesto familiare eccentrico, Sapienza attraversa diversi campi di espressione, vivendo dapprima un’intensa stagione teatrale e un appassionato apprendistato ai bordi del grande schermo, per poi approdare alla letteratura avendo maturato una piena consapevolezza della centralità della relazione fra corpo e spazio nella declinazione del sé. Il volume, che offre una prima ricognizione monografica dell’opera di Goliarda Sapienza, ricostruisce la cartografia dei luoghi della libertà celebrata nei suoi testi e mira a rintracciare quel gioco di imitazione e presa di distanza dai modelli (letterari, filosofici, cinematografici) che rende inconfondibile ogni sua pagina.

The literary adventure of Goliarda Sapienza is an exceptional case in the Italian Twentieth century for the strength of a subjectivity beyond the canons, capable of conceiving fictional, theatrical and cinematographic writing as an identity space full of nuances and outrages. Thanks to a sui generis training, within an eccentric family context, Sapienza crosses different fields of expression, first experiencing an intense theatrical sea- son and a passionate apprenticeship on the edges of the big screen, then arriving at the literature having gained full awareness of the centrality of the relationship between body and space in every single aspect of the self. The volume, which offers a first monographic survey of the work of Goliarda Sapienza, reconstructs the cartography of the places of freedom celebrated in her texts and aims to track down that game of imitation and distancing from literary, philosophical and film models that makes every page unmistakable.

premio Nino Gennaro / 18 aprile 2019

Dal 2011 il Sicilia Queer filmfest assegna ogni anno un riconoscimento a un artista o intellettuale che attraverso la propria opera abbia offerto contributi rilevanti al patrimonio instabile e in perenne autorevisione della cultura queer, all’emersione funzionale di una società delle differenze e all’affermazione dei diritti di ognuno. È intitolato a Nino Gennaro, poeta, attore, regista e autore teatrale, avanguardista senza sufficiente seguito di una modalità della militanza civile disagevole e poetica, di un’intellettualità eclettica programmaticamente disallineata. Nino Gennaro nasce a Corleone nel 1948. Si rende noto ai più per un’oratoria vivace e persuasiva e per una naturale riluttanza agli schemi autoritaristici, qualità che emergono nelle sue attività di agitatore culturale e politico entro i confini di una Corleone che, negli anni ’70, è descritta come imbrigliata in un pervasivo sistema di controllo/protezione/repressione sociale che si estende senza soluzione di continuità dai nuclei familiari alle organizzazioni mafiose, dalla chiesa alla scuola, dai partiti alle forze dell’ordine. Oltre a uno spontaneo interesse, Nino genera tra i suoi concittadini sospetto prima, poi avversione e infine violenta ripulsa. In quegli anni ottiene un piccolo finanziamento per l’apertura di un circolo della Federazione giovanile dei socialisti italiani a Corleone. Nino acquista libri, giornali e riviste – Famiglia Cristiana, Contro l’aborto di classe, Reich, Buttitta, i Beat americani... – su cui intavola discussioni collettive tra giovani e disoccupati alla scoperta delle ragioni di ogni punto di vista su fatti sociali e politici. Quando ciò non è sufficiente, ricorre a cineforum e sit-in di fronte alle scuole, con manifesti colorati autoprodotti, volantinaggi “a puntate” e altre acute strategie relazionali per penetrare decennali muri di diffidenza. Schiude così agli occhi dei giovani, educati all’immobilità del contingente, la prospettiva passata – e quindi potenzialmente futura – di una Corleone diversa, orgogliosa e combattiva: parla loro di Placido Rizzotto, segretario della Camera del lavoro di Corleone, tra gli oltre cinquanta sindacalisti uccisi nelle lotte contadine pochi decenni prima; oppure di Bernardino Verro, capo dei Fasci siciliani, sindaco del paese, ammazzato dalla mafia degli agrari nel 1915. Il desiderio, la volontà, l’immaginazione di un sovvertimento dell’esistente hanno ormai preso campo, e ben presto arrivano anche le contromisure da parte delle famiglie: divieti, segregazioni, roghi di libri, percosse e perfino esorcismi coatti. A farne le spese più di altri è Maria Di Carlo, diciassettenne infuocata da quei discorsi che lasciano intravedere finalmente la prospettiva di una liberazione sociale, sessuale e individuale, e che con Nino comincerà una malvista relazione. Dopo l’ennesimo sopruso sfociato in violenza da parte del padre, Maria prova a ricorrere inutilmente alle forze dell’ordine. La solidarietà di un’insegnante e le assemblee degli studenti destano l’interessamento del quotidiano «L’Ora», e costringono alla rottura di quel tacito patto solidale tra la Polizia e il notabile padre borghese. Il paese diventa per breve tempo il crocevia di dibattiti pubblici, tra gruppi di femministe e intellettuali venuti da Palermo. Ma i compagni di partito isolano Maria, ritenendo che non si tratti d’altro che di «ciarpame borghese di figlie che litigano con i padri», e molti vedono in Nino il responsabile di ogni disordine. Al conseguente processo, nell’isolamento generale, senza nessuno che si costituisca parte civile in loro favore, Maria e Nino sentono di essere i reali imputati. Nonostante tutto vincono. A costo, però, di un fattuale ostracismo da Corleone. Si trasferiscono insieme a Palermo nel ’77. Sono gli anni delle facoltà occupate, e la città accoglie con calore e solidarietà quel caso che aveva tenuto banco con straordinaria puntualità storica sui giornali locali. Conducono una vita scarna, pauperista, ma densa di stimoli. Nino Gennaro, che tra le mura urlanti di manifesti politici e murales di quegli anni affigge i suoi tazebao poetici su carta da imballaggio, viene coinvolto dalla rivista «Per approssimazione» di Flaccovio, sfociata anni dopo nelle edizioni Perap che pubblicheranno diversi suoi scritti. Tra questi, (in , con Nicola Di Maio, 1992), (in, con Elio Di Piazza, 1993), e, prestando lo pseudonimo “Nina”, (1995), dichiarazione amorosa di una ragazzina alla sua maestra rinvenuta in circostanze incerte in un quaderno scolastico. Con i componenti di quella gioiosa comune che va formandosi intorno a Nino nasce la compagnia Teatro Madre, che porta negli appartamenti degli amici suoi testi originali, con torce elettriche come luci di scena e registratori improvvisati per la musica, mischiando i Doors a Bach, Sex Pistols e Mario Merola. Sono vere performance in cui non c’è disgiunzione tra testo e corpo, tra vissuto e costruzione retorica: si mettono in scena la rabbia e la ribellione per quel “mondo dei padri” che li aveva espulsi e dalla cui dimensione affettiva tuttavia non era possibile prescindere. Si ritualizza la liberazione sessuale e lo scardinamento del dispositivo della famiglia come cellula di controllo e interesse, e si canta di un amore senza regole imposte, di un’omosessualità come esperienza di un desiderio indisciplinabile in grado di far deflagrare i paradigmi maschilisti alla base della cultura della mafia, dell’autoritarismo e del conformismo sociale. Il simbolo della compagnia sempre presente in scena è un cuore con una svastica iscritta. Il 1980 è l’anno dell’omicidio di Giarre: due ragazzi, Giorgio e Toni, nell’impossibilità di vivere apertamente la propria relazione omosessuale, chiedono di essere “suicidati” con due colpi di pistola dal nipote dodicenne di uno dei due. Il paese è al centro delle cronache nazionali, e l’opinione pubblica è costretta a considerare il problema della discriminazione omosessuale. Nino e la sua compagnia partecipano a quelle giornate, tramutando l’aperta ostilità di alcuni in accoglienza e fame di relazioni col mondo. Dal turbamento di quei giorni nasce a Palermo prima lo storico collettivo Fuori!, poi la prima Arci-gay, con il parroco dissidente don Marco Bisceglia insieme a Massimo Milani, Gino Campanella, Mario Blandi, Franco Lo Vecchio, Salvatore Scardina, Vincenzo Scimonelli, Mario Di Bella e altri. Infine, nel 1982, il primo congresso nazionale di Arci-gay e la prima Festa dell’orgoglio omosessuale alla villa Giulia. Nino resterà un riferimento centrale nella peculiare linea politica palermitana, che ancora oggi connette i diritti delle persone lgbtiq con l’universalità della lotta agli autoritarismi, ma conserverà anche in questo caso la propria alterità da ogni struttura. Abbandonata l’attività teatrale, il centro sociale di San Saverio all’Albergheria diventa centrale nelle attività civili a cui Nino partecipa: vi si svolgono cineforum e dibattiti, ma anche un importante esperimento sociale di bilancio partecipativo con la fondazione del Comitato cittadino di informazione e partecipazione. Nel 1987 Nino si ammala di AIDS, ma non viene meno al suo impegno intellettuale, continuando a scrivere testi teatrali, canzoni e opere varie. Riscopre una propria urgenza religiosa, stabilendo un sincretismo laico tra elementi cristiani, buddisti e induisti. Scrive febbrilmente, a mano, centinaia di libretti su piccoli blocchi che è solito regalare agli amici: sono i libretti e . Compila inoltre per anni album di appunti anarchici e spontanei in cui accumula fotografie, fotocopie, collage e strisce di photomatic manomesse. In essi la sua immagine non si decanta mai in un’icona, ma è materia fluida e multiforme, sconfessione di ogni prigione identitaria, ma anche reazione poetica e anarchica alle mutazioni del corpo imposte dalla malattia. Muore a Palermo nel 1995. Il funerale è celebrato laicamente, senza messa, a San Saverio, vicino al centro delle sue ultime attività civili, con la lettura di suoi testi scelti da parte di compagni e amici e le musiche che avevano accompagnato le esperienze teatrali.

Una divina di Palermo, La via del Sexo, O si è felici o si è complici sono alcuni tra i suoi spettacoli più noti, e continuano a essere interpretati in tutta Italia grazie all’impegno della compagnia di Massimo Verdastro. I suoi scritti sono pubblicati, oltre che da Perap, dalle Edizioni della Battaglia e da Editoria&Spettacolo (Teatro Madre, a cura di Massimo Verdastro, 2005). 

Nel 2010 il comune di Corleone ha deciso di non intitolare un centro sociale a Nino Gennaro «perché gay e drogato». Nel 2011 il Sicilia Queer filmfest istituisce il premio Nino Gennaro.

Opera del ceramista palermitano Vincenzo Vizzari di Cittàcotte, la statuetta dal tono cinematografico, glam e popolare al contempo del premio Nino Gennaro nel corso degli anni è stata assegnata a Wieland Speck, creatore della sezione Panorama e del Teddy Award del Festival internazionale del Cinema di Berlino (2011); Eduardo Mendicutti, scrittore e giornalista spagnolo (2012); Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista (2013); Ricci/Forte (Gianni Forte e Stefano Ricci), autori e registi teatrali (2014); Paul B. Preciado, filosofo spagnolo (2015); Cirque, Centro interuniversitario ricerca queer (2016); Lionel Soukaz, regista francese (2017). Nell’ottava edizione il Sicilia Queer filmfest assegna il premio al fotografo tedesco Wolfgang Tillmans.

 

Since 2011, the Sicilia Queer Filmfest assigns every year a prize to an artist or intellectual who, through his/her own work has offered significant contributions to the unstable and permanently under revision heritage of queer culture, as well as to the functional surfacing of a diverse society and to the promotion of everyone’s rights. It is named after Nino Gennaro, poet, actor, director and playwright, an off-the-wall avant-garde artist who embodied a disruptive and poetic social conscience, a misaligned and eclectic intellectuality. Nino Gennaro was born in Corleone in 1948. He becomes known for his lively and persuasive elocution and for his natural reluctance to authoritarian schemes; qualities that emerge through his activities as a cultural and political agitator operating within the borders of Corleone, a town that, in the ’70s, is described as being harnessed in a pervasive system of social control/protection/repression which extends seamlessly from the family units to the mafia organizations, from church to school, from political parties to law enforcements. Among his fellow citizens, in addition to their spontaneous interest, Nino gives rise to suspicions at first, then aversion and, lastly, violent rejection. In those years, he obtains a small loan for setting up a Socialist Youth Association in Corleone. With that little money Nino buys books, newspapers and magazines of all kinds – from the Catholic press to the most extreme publications, including works by Sicilian poets as well as Beat writers – upon which he engages collective discussions between young and unemployed people, in order to find out the reasons behind people’s views on social and political issues. Not content with it, he draws upon film clubs and sit-ins in front of the schools, with hand-colored manifestos, leafleting and sharp relational strategies developed to seep through the walls of distrust. He thus opens young people’s eyes, educated to the stagnation of the contingent, to the past – and therefore potentially future – perspective of a different Corleone, proud and combative: he tells them about Placido Rizzotto, secretary of the Corleone Chamber of Labour, among the over fifty trade unionists killed in peasants’ struggles a few decades earlier; or about Bernardino Verro, head of the Fasci Siciliani and town mayor, killed by the agrarian mafia in 1915. The longing, will and imagination of a subversion of the existing have by now taken place, and it soon elicits the reaction of the families: prohibitions, segregations, book burnings, beatings and even forced exorcisms. As a seventeen-year-old girl, roused by those speeches that let her glimpse at the possibility of a social, sexual and individual liberation, with whom Nino will start an unwelcomed relationship, Maria Di Carlo is the one who will pay the most. After another repressive reaction of her father, Maria tries in vain to seek help from the police. The solidarity shown by a professor and by the student assemblies catches the attention of the newspaper «L’Ora», causing the breakdown of that tacit agreement between the police and the notable bourgeois father. For a short while, the town becomes the crossroads of public debates among groups of feminists and intellectuals who comes from Palermo. But her leftist comrades, still aloof from libertarian issues, isolate Maria, since they believe that this is nothing more than «bourgeois junk, a private matter between daughters who quarrel with their fathers», while most of them hold Nino responsible for any disorder and, hence, they consider him as someone to avoid. In the ensuing process, in total isolation, Maria and Nino feel as if they were the actual defendants, and not the accusers. Despite everything, the trial ends with a conviction for injuries and abuse of educational methods. However, this leads to an actual ostracism against them.  Consequently, they move together to Palermo in 1977. Those are the years of occupied faculties, and the city welcomes them warmly as their trial had been followed with an extraordinary historical punctuality on the newspapers. They lead a meagre, pauperistic but stimulating life. Nino – who puts up his poetic dazibao written in wrapping paper on the walls covered up with political manifestos and murals – starts working for the Flaccovio’s magazine «Per approssimazione», which years later will flow into the Edizioni Perap that will publish several of his writings. Among these, (in , con Nicola Di Maio, 1992), (in , con Elio Di Piazza, 1993) and, under the pseudonym of “Nina”, (1995), a girl’s declaration of love to her teacher, found under uncertain circumstances between the pages of a school notebook.  With the members of that joyful commune, slowly forming around Nino, the Teatro Madre theatre company takes shape in order to bring his original texts inside his friends’ apartments, with the aid of flashlights as stage lights and croaking music recorders, blending The Doors with Bach, Sex Pistols with Mario Merola. This results in real performances in which there is no disjunction between text and body, life experiences and rhetorical construction: the anger and the rebellious attitude against that “world of fathers” who had expelled them and whose emotional dimension was impossible to disregard are constantly staged. Sexual liberation and the disruption of the family device are ritualized as a control cell, while a love devoid of imposed rules is praised, as well as homosexuality intended as the experience of an undisciplined desire that can destroy the sexist, male-dominated paradigms at the base of the mafia culture, of authoritarianism and social conformism. The ever-present onstage symbol of the company is a heart with a swastika inscribed. 1980 is the year of the murder of Giarre: two young men, Giorgio and Toni, unable to live openly their homosexual relationship, ask to a twelve-year-old boy – nephew of one of the two – to be executed with two gunshots. The town is constantly in the news and the public opinion is forced to consider the issue of homosexual discrimination. Nino and his company take part in demonstrations, transmuting the open hostility of some into warm reception and hunger for contacts with the outside world. From the turmoil of those days new organizations and experiences emerge in Palermo: the historic Collective Fuori!, the first Arcigay – with the help of the dissident priest Don Marco Bisceglia as well as of Massimo Milani, Gino Campanella, Mario Blandi, Franco Lo Vecchio, Salvatore Scardina, Vincenzo Scimonelli, Mario Di Bella and many others –, and then finally, in 1982, the first national Arcigay Convention and the first Homosexual Pride at Villa Giulia. Nino will remain a pivotal figure within the peculiar Palermitan political line, which, to this day, still relates the rights of LGBTIQ people to the universality of the struggle against authoritarianism, declaring its own otherness in relation to every system.  Withdrawn from theatrical activities, the community centre of San Saverio all’Albergheria becomes central to the civil activities in which Nino takes part: film clubs and debates, but also a significant social experiment of participatory budgeting by dint of the newly formed Citizen’s Committee for information and participation. In 1987 he contracts AIDS, but his intellectual commitment isn’t diminished and he keeps on writing plays, songs and various works. And, throughout his works, elements of a secular and syncretic religiousness – which intertwine Christian, Buddhist and Hindu components – slowly come to light. He feverishly writes, by hand, hundreds of booklets on small blocks that he usually gives to his friends, such as the librettos and . For years he also gathers anarchic and spontaneous notes in which photographs, photocopies, collages and photomatic stripes are being altered. Through these works his image is never treated as an icon, but it remains fluid and manifold, the disavowal of every identity seen as a prison-like condition, as well as a poetic and anarchic reaction to the mutilations of the body caused by the disease. He dies in Palermo in 1995. The funeral is carried out secularly in San Saverio, near the centre of his last civil activities, with the reading of his texts, chosen by his friends and companions, and with a musical accompaniment somehow tied to his theatrical performances. 

Una divina di Palermo, La via del Sexo, O si è felici o si è complici are some of his most famous plays that still continue to be performed all over Italy, thanks to the support of Massimo Verdastro’s company. His writings are published, other than Perap, by Edizioni della Battaglia and Editoria&Spettacolo (Teatro Madre, edited by Massimo Verdastro, 2005). 

In 2010 the municipality of Corleone decides not to name after him a Community Centre «because he was a gay and a drug addict». Consequently, in 2011 the Sicilia Queer filmfest creates the Nino Gennaro Prize. 

The Prize – made by the ceramic artist from Palermo Vincenzo Vizzari – is a statuette with a cinematic look, glamorous and popular at the same time; a prize that, over the years, has been assigned to Wieland Speck, creator of the Panorama section and of the Teddy Award of the Berlin International Film Festival (2011); Eduardo Mendicutti, Spanish writer and journalist (2012); Vittorio Lingiardi, psychiatrist and psychoanalyst (2013); Ricci/Forte (Gianni Forte and Stefano Ricci), authors and theatre directors (2014); Paul B. Preciado, Spanish philosopher (2015); CIRQUE, Interuniversity Centre for queer research (2016); Lionel Soukaz, French director (2017). For the eighth edition, the Sicilia Queer filmfest awards the prize to the German photographer Wolfgang Tillmans.

retrovie italiane / 18 aprile 2019

Il losco affarista Fiore si reca in Albania con il giovane assistente Gino alla ricerca di un prestanome albanese per realizzare il suo disonesto progetto di appropriarsi illecitamente dei finanziamenti pubblici per l’imprenditoria all’estero. Una volta a Tirana, i due individuano nel vecchio Spiro l’uomo che fa al caso loro, ma il vecchio non tarderà a scappare in treno verso l’entroterra del paese inseguito dal giovane Gino che si ritroverà a fare i conti con il fallimento del loro progetto e con la realtà di un paese stremato da anni di guerra. Indimenticabile affresco dell'Albania di inizio anni Novanta, Lamerica è un film che parla di riflesso anche del Bel paese in una fase storica di grandi sommovimenti e massicci spostamenti di persone, un momento storico di grande importanza utile a comprendere le nuove migrazioni che interessano ancora oggi l’Italia. Il film è rimasto impresso nell’immaginario cinematografico per la celebre immagine della nave piena zeppa di immigrati albanesi in arrivo sulle coste pugliesi alla ricerca della loro America. 

Fiore, a shady wheeler-dealer, goes to Albania with his young assistant, Gino, looking for an Albanian figurehead to realize his dishonest project of illegally taking over some public funding for foreign entrepreneurship. Once in Tirana, the two individuate in the old Spiro the one they were looking for, but the old man will soon escape by train heading to the inland of the country while Gino chasing him will have to face the failure of their project and the reality of a country exhausted by years of war. Unforgettable portrait of early 90’s Albania, is a film that, by extension, is also about Italy in a historic period full of great changes and massive displacements of people, a historic period of great importance, useful to understand the new migrations which Italy is today involved in. The film still remains in the cinematographic imaginary for the famous scene of a chock-full of Albanian immigrants ship heading to Puglia’s coasts, immigrants looking for their America. 

retrovie italiane / 18 aprile 2019

Un serie di interviste ai protagonisti del cinema italiano dell’epoca dei cineromanzi, da Virna Lisi a Giovanna Ralli, da Mario Monicelli a Francesco Rosi, Dino Risi, Carlo Lizzani, Lucia Bosé, Suso Cecchi d’Amico, Giuliano Montaldo, intervallate dai dettagli sul fenomeno editoriale che conobbe l’apice della popolarità e della diffusione negli anni ’50, soprattutto in Italia e in Francia. Da un’idea del “collezionista” Gianni Amelio, Sfogliare un film racconta tutta la fascinazione della novellistica per immagini che seppe appassionare diverse generazioni. Un film che restituisce il clima d'epoca della società italiana del dopoguerra e del boom economico. Sfogliare un film fa inoltre parte di un progetto più ampio che ha visto la collaborazione del critico cinematografico Emiliano Morreale e del Museo Nazionale del Cinema di Torino, e che ha portato alla realizzazione de Lo schermo di carta, una mostra interattiva dedicata ai cineromanzi.

A series of interviews with the protagonists of the Italian cinema in the era of cineromanzi, from Virna Lisi to Giovanna Ralli, from Mario Monicelli to Francesco Rosi, Dino Risi, Carlo Lizzani, Lucia Bosé, Suso Cecchi d'Amico, Giuliano Montaldo, interspersed with details on the publishing phenomenon which hit the peak of its popularity in the 50s, especially in Italy and France. From an idea of "collector" Gianni Amelio, Sfogliare un film tells about the fascination for the cineromanzo which engrossed several generations of people. It is a film that evokes the atmosphere of Italian post-war society dealing with the economic miracle. Sfogliare un film is also part of a larger project carried out with the collaboration of film critic Emiliano Morreale and the National Cinema Museum in Turin which led to the creation of Lo schermo di carta, an interactive exhibition dedicated to cineromanzi.

eterotopie / 17 aprile 2019

La vita di Hassane, un ragazzo di Beirut rimasto senza lavoro e senza prospettive, sembra scorrere nell’apatia. Le sue giornate monotone si svolgono in spiaggia insieme agli amici, mentre in casa sua madre e suo padre non fanno altro che ricordargli quanto miserabile e senza uno scopo sia la sua esistenza. L’apatia si spezza nel momento in cui Hassane decide di tuffarsi in mare da un cavalcavia e muore annegato. In seguito alla sua morte, la comunità di amici si stringe nel cordoglio attorno al corpo senza vita dell’amico, ingaggiando insieme alla famiglia tutti i rituali di cordoglio dovuti a un martire. Tra l’arte visuale e la performance art, Martyr ci mostra l’inevitabile martirio della giovane popolazione libanese. 

Hassane’s life, the one of a boy from Beirut without a job nor prospects, seems to be flowing lethargically. He spends his monotonous days on the beach with his friends, while at home his mother and father don’t do anything but reminding him how miserable and without purpose his existence is. The apathy breaks down when Hassane decides to dive from a flyover and dies drowning. After his death, his community of friends shares the grief around the lifeless body of his friend, engaging with the family all the rituals of mourning owed to a martyr. Between visual art and performance art, Martyr shows us the inevitable martyrdom of the young Lebanese population.

eterotopie / 16 aprile 2019

Tra la Sicilia e Beirut si trova il Mediterraneo. Un mare che cerca costantemente di sedurre i nostri corpi, talvolta seminando la morte. Lascia che ti guardi, lascia che ti tocchi, previsto all’interno della sezione Eterotopie del Sicilia Queer filmfest 2018, si condensa attorno alla scena artistica contemporanea di Beirut e sul tema dei diritti delle persone LGBTQ. Uno sguardo sul mondo intimo e brulicante della città: amore proibito, amore clandestino e desiderio. In questa mostra ho scelto di presentare i lavori di Dima El Horr, Randa Mirza, Lara Tabet, Maria Kassab and Raafat Majzoub, ricorrendo a mezzi espressivi differenti come video, fotografia, film e installazioni, così da offrire uno sguardo pressoché voyeuristico su una Beirut recondita. Dei corpi nuotano nel Mediterraneo, altri ballano tutta la notte. Un sussurro proibito tra innamorati, una fuga verso gli spazi nascosti del desiderio. Un universo in cui la nozione di “queer” reinterpreta incessantemente il senso della celebrazione del corpo, a prescindere dall’identità sessuale. Un corpo che rivendica la libertà di essere amato e desiderato, toccato e guardato. Nel catalogo figura Evened, un testo commissionato per la sezione Eterotopie dedicata al Libano, e una selezione di fotografie scattate da Ieva Saudergaitė, facenti parte della serie Life Despite Here realizzata a Beirut tra il 2017 e il 2018. Due punti di vista sulla città di Beirut, sospesi tra finzione e documentario, e in cui la finzione si impone come una realtà diversa della città, mentre il documentario sviluppa una finzione narrativa incentrata sul corpo della città, perennemente in costruzione, alla ricerca di un’identità. Per quanto concerne le proiezioni del festival, ho scelto di presentare Martyr, lungometraggio di Mazen Khaled. Martyr, presentato alla Biennale di Venezia dello scorso anno, è un film che ritrae questo legame tra il Mediterraneo e la morte. Purtroppo in Libano i membri della comunità LGBTQ subiscono tuttora la minaccia soggiacente all’articolo 534 del Codice penale libanese, secondo cui “ogni rapporto sessuale contrario all’ordine della natura è punibile con la detenzione fino a un anno”. La comunità LGBTQ libanese vive ancora nell’instabilità, ma, anziché soffermarmi troppo sui dettagli, ho deciso di chiudere questa mia introduzione con le parole di due giudici libanesi:

«In considerazione del fatto che l’uomo è parte della natura nonché uno dei suoi elementi, una cellula annidata in un’altra cellula, non è possibile definire qualsiasi sua condotta o comportamento contro natura […] pertanto le relazioni omosessuali consensuali non sono “innaturali” e, di conseguenza, non dovrebbero essere soggette a sanzioni legali». 

 Verdetto del giudice Mounir Suleiman contro l’accusa nei confronti di due omosessuali libanesi che invocava l’articolo 534 del Codice penale libanese; Corte di Batroun; Libano settentrionale, 2009.

«L’identità di genere non può essere definita soltanto dai documenti legali; l’evoluzione della persona e la sua percezione del proprio genere di appartenenza dovrebbero essere prese in considerazione».

 Verdetto del giudice Naji al-Dahdah contro l’azione penale nei confronti di una donna transgender accusata di aver intrattenuto una “relazione omosessuale con un uomo”; Corte di Judaydat al-Matn, Monte Libano, 2014. 

 

Between Sicily and Beirut lies the Mediterranean. A sea that flirts with our bodies, a forbidden flirt that might cause death. “Lascia che ti guardi, lascia che ti tocchi - Let me watch you, let me touch you” is a call for the sea, so as for the bodies, the societies and the nations too. The exhibition , foreseen for the Eterotopie section of the Sicilia Queer filmfest 2018, focuses on the contemporary art scene of Beirut as well as on the theme of LGBTQ people’s rights. A look at the intimate world of the city: forbidden love, clandestine love, desire. At the exhibition I am presenting the works of Dima El Horr, Randa Mirza, Lara Tabet, Maria Kassab and Raafat Majzoub, through different mediums like videos, photography, films and installations, in order to give a voyeuristic look at an intimate Beirut. Bodies swimming in the Mediterranean and others dancing all night. A forbidden whisper between lovers, an escape towards hidden spaces of desire. A universe where the notion of ‘Queer’ reinterprets the sense of celebrating the body regardless of sexual identity. A body that claims freedom of being loved and desired, touched and looked at. In the catalogue appears “Evened”, a text by Raafat Majzoub, commissioned for the section Eterotopie dedicated to Lebanon, and a selection of photos taken by Ieva Saudergaitė, part of her series shot in Beirut between 2017 and may 2018. Two takes on the city of Beirut, between fiction and documentary, where the fiction imposes itself as a different reality of the city, while the documentary develops a fictional story about the body of the city, constantly under-construction, searching for an identity. As part of the festival, I have chosen to screen , a feature film by Mazen Khaled. premiered at last year’s Venice Biennale, it’s a film that portrays this erotic connection between the Mediterranean and death. In Lebanon, regrettably, LGBTQ members are still threatened by the article 534 of the Lebanese Penal Code which states that . The LGBTQ community in Lebanon experiences lots of ups and downs, but, instead of looking closely at all the details, I have decided to end my introduction by quoting two Lebanese judges:

“Whereas man is part of nature and one of its elements, and a cell within a cell in it, it cannot be said that any practice of his or any behaviour of his is against nature [….] therefore consensual same-sex relations are not “unnatural,” and therefore shouldn’t be subjected to legal penalty.” 

 Judge Mounir Suleiman, issuing a verdict against the prosecution of two Lebanese gay men that invoked Article 534 of the Lebanese Penal Code; Batroun Court, North of Lebanon, in 2009.

 “Gender identity is not only defined by the legal papers; the evolution of the person and his/her perception of his/her gender should be taken into consideration.” 

Judge Naji al-Dahdah, issuing a verdict against the prosecution of transgender woman accused of having a “same-sex relationship with a man”; Jdeideh Court, Mount Lebanon, in 2014. 

panorama queer / 16 aprile 2019

Alicia si trova a dover ricostruire i ricordi della notte appena trascorsa per provare a riconquistare la sua donna. Quello che ricorda potrebbe però separarle per sempre. Fra triangoli amorosi consenzienti e sospetti d’infedeltà, la narrazione si snoda all’insegna di un polimorfismo radicale che mescola soffuso sentimentalismo e ghost story. Una peregrinazione costellata di glitch – enfatizzati dalla colonna sonora – e schegge visive prive di una precisa collocazione spazio-temporale, affastellate secondo un approccio alogico che rende tangibile il passato, con i suoi turbamenti legati alle “intermittenze del cuore” e con i suoi ricordi dolenti.

Alicia must piece together the memories from the night before, if she is to win her lover back. What she remembers could keep them apart forever. Amid agreed love triangles and suspicions of infidelity, the narrative unfolds in a radically multifaceted way that blends vague sentimentalism and ghost story. A peregrination studded with glitches – emphasized by the soundtrack – and visual splinters lacking a precise space-time collocation, bundled up following an alogical approach that can make the past tangible, with all its painful memories and against the backdrop of the “intermittences of the heart”.

panorama queer / 16 aprile 2019

Una madre, un’adolescente e una bambina. Roberta, Lucy e Danny sono una famiglia di sole donne. Il loro rapporto si basa sull’affetto che provano l'una per l'altra, il bisogno di sentirsi unite e quello di trovare ognuna la sua strada, indipendentemente dalle altre. Ora che Lucy, la figlia maggiore, ha intenzione di lasciare la casa dove abitano, l'equilibrio della loro estate sarà messo alla prova.

Roberta, Lucy and Danny make a family of three women: a mother, a teenager and a little girl. Their relationship is based on the strong affection they feel for one another, their need to feel close to each other and to find each one their personal independent way. Now that Lucy, the eldest daughter, is about to leave home, they will have to face a challenging summer.

panorama queer / 16 aprile 2019

Eva e Kat sono una coppia di trentenni che vive un’esistenza dimessa e spensierata nella loro barca su un canale londinese, fino a che Eva non manifesta il desiderio di avere un figlio e dà un ultimatum alla compagna. Kat è restia, consapevole che i sogni di una vita bohémien insieme troverebbero fine. Tuttavia, quando il migliore amico di Kat, Roger, arriva da Barcellona per fare festa con le ragazze, i tre fantasticano di avere un bambino insieme. È possibile vivere l’amore, la vita e i legami familiari in modi completamente differenti eppure restare insieme? è al contempo un film tradizionale e alternativo, una commedia romantica che difende gli stili di vita che non si rifanno agli stilemi suburbani, per via di scelte insolite, non oberate da vincoli strettamente economici.

In their mid-thirties, Eva and Kat’s humble, yet carefree, lifestyle in their London canal boat gets turned upside down when Eva presents Kat with an ultimatum: she wants a child. Kat resists, knowing that it will end the bohemian lifestyle she’s always envisaged with Eva. When Kat’s best friend, Roger, drops in from Barcelona to party with the ladies, however, the three of them toy around with the idea of creating a baby together. Is it possible to experience love, life and family bonds in such different ways but still stay together? is a somewhat traditional yet alternative film, a romantic comedy that champions lifestyles that do not fit the suburban mould through choice and economic necessity.

panorama queer / 16 aprile 2019

J ha quattordici anni. J vuole essere chiamato “they”. “They” in inglese vuol dire “loro”. J vivono con i genitori nella periferia di Chicago. Stanno esplorando la loro identità di genere mentre seguono una terapia ormonale per ritardare la pubertà. Dopo due anni di terapia, J devono decidere se effettuare o no la transizione. Durante il week-end decisivo, mentre i loro genitori sono in viaggio, la sorella di J e il suo ragazzo iraniano arrivano per prendersi cura di “They”. Grazie anche a una fotografia eterea, che restituisce la dimensione intima e velata del protagonista, è un film che sa affrontare il tema tanto complesso della transizione di genere con una dolcezza e una semplicità disarmanti.

Fourteen-year-old J goes by the pronoun “They”. J live with their parents in the suburbs of Chicago. They are exploring their gender identity while taking hormone blockers to postpone puberty. After two years of therapy, J have to make a decision whether or not to transition. Over this crucial weekend while their parents are away, J’s sister and her Iranian boyfriend arrive to take care of “They”. Thanks also to an ethereal cinematography, which portrays the intimate and veiled dimension of the main character, is a film which deals with the subtle subject of gender transition with a disarming gentleness and simplicity.

panorama queer / 16 aprile 2019

Da quando la piccola Amal è tornata nel suo quartiere, ricorda solo un grande albero che non c’è più. Un sicomoro su cui lei e i suoi fratelli si arrampicavano. Si ricorda di quando portava il caffè a suo padre nel frutteto. Dopo è arrivata la guerra. Amal e i suoi fratelli hanno perso tutto. Sono figli della famiglia Samouni, dei contadini che abitano alla periferia della città di Gaza. È passato un anno da quando hanno sepolto i loro morti. Ora devono ricominciare a guardare al futuro, ricostruendo le loro case, il loro quartiere la loro memoria. Sul filo dei ricordi, immagini reali e racconto animato (le animazioni sono realizzate da Simone Massi) si alternano a disegnare un ritratto di famiglia, prima, dopo e durante i tragici avvenimenti che hanno stravolto le loro vite in quel gennaio del 2009, quando, durante l’Operazione Piombo fuso, vengono massacrati ventinove membri della famiglia.

Ever since little Amal returned to her neighborhood, she has only been able to remember a huge tree which no longer exists. It was a sycamore that she and her siblings used to climb. Then the war broke out. Amal and her siblings lost everything. They are children of the Samouni family, farmers who live on the outskirts of Gaza City. A year has passed since they buried their dead. Now they must start to look to the future once again, rebuilding their houses, their neighborhood and their memories. On the cusp of memory, real-life images and animations (created by Simone Massi) take turns to sketch out a family portrait, before, after and during the tragic events that turned their lives upside down in January 2009, when twenty-nine members of their family were butchered during Operation Cast Lead.

panorama queer / 16 aprile 2019

Sulle pagine di una rivista, nel 1917, appare un racconto firmato da Franz Kafka. Il racconto, Una relazione per un’Accademia, è una lezione universitaria tenuta dal signor Rotpeter, una scimmia diventata uomo, nella quale si ripercorrono le fasi della sua metamorfosi. Il ritratto immaginario di Antonietta De Lillo si muove su due piani: da una parte i frammenti della lezione universitaria kafkiana, come fossero la messinscena del passato del protagonista, dall’altro il suo presente. La regista crea così un personaggio cinematografico che porta in sé istanze senza tempo quali libertà, sopravvivenza, via d’uscita, e ne fa un ritratto immerso nella nostra contemporaneità.

In 1917, a short story by Franz Kafka appears in a German monthly. The writing, called A Report to an Academy, is an academic lecture given by Mister Red Peter, an ape who became a human being and who now describes to his audience all the steps of his metamorphosis. The imaginary portrait depicted by Antonietta De Lillo covers two different narrative lines: on the one hand, the fragments of the Kafkian lecture, as a mise-en-scène of Mister Red Peter’s past; on the other hand, his present. In Il signor Rotpeter, De Lillo creates a film character who is the manifestation of timeless aspirations such as freedom, surviving, escaping, and makes them into a portrait of our contemporaneity.  

panorama queer / 16 aprile 2019

Una testimonianza della forza dell’amore che lega due persone, due Promessi sposi dei nostri giorni. Il racconto avanza come un thriller in cui i due protagonisti nascondono un mistero: tracce visive, cicatrici su un braccio, dettagli s’insinuano nella loro storia, fino a svelare l’enigma. Lui prima era una lei. Una metamorfosi contemporanea resa possibile dal loro amore.

A testimony to the power of love which binds two people, two Betrothed Lovers of our days. The story develops like a thriller, in which the two main characters are hiding a mystery: visual traces, some scars on an arm and small details creep into their story, until the riddle is solved: he was a she. A contemporary metamorphosis which has been made possible by their love.