As Boas Maneiras è un’affascinante e particolarissima riflessione sull’inevitabilità del male, convogliata tramite un linguaggio volutamente naif. Con la grazia di un anomalo racconto per l’infanzia, l’ironia del titolo apparentemente scollegato dalla trama, gli inserti musicali della ninna nanna che accompagna i protagonisti durante gli snodi drammatici del racconto e sembra descrivere ciò che vediamo meglio delle immagini stesse, il film diretto da Marco Dutra e Juliana Rojas (vincitore del Premio speciale della giuria al 70esimo Festival di Locarno) si destreggia tra generi e linguaggi, riuscendo a mantenere raffinatezza e mistero dalla prima all’ultima scena. Partendo dalla storia d’amore tra l’infermiera Clara e la giovane donna dell’alta borghesia Ana, allontanata dalla famiglia per una gravidanza inattesa, il film prosegue seguendo tematiche horror, dove il genere si associa a un’indagine sull’apparenza, sulle classi sociali del Brasile contemporaneo e sulla dimensione affettiva con le sue luci e ombre, per poi abbandonarci a una profonda inquietudine.
Good Manners is a fascinating and very peculiar reflection on the inevitability of evil, conveyed through a deliberately naive language. With the gracefulness of an odd children’s story, the irony of the title seemingly disconnected from the plot, the musical inserts of the lullaby that accompanies the main characters during the dramatic hubs of the story which seem to describe what we see better than the images themselves, the film directed by Marco Dutra and Juliana Rojas (winner of the Special Jury Prize at 70th Locarno Film Festival) juggles between genres and languages, managing to maintain refinement and mystery from the first to the last scene. Starting from the love story between nurse Clara and the upper class young woman Ana, sent away from the family because of an unexpected pregnancy, the film proceeds following horror themes, where genre is associated with investigating the appearance, the social classes of contemporary Brazil, as well as the affective dimension with its lights and shadows, until it finally abandons us to a deep restlessness.